Incendio a Ex Enichem: spunta ipotesi criminalità
Il 22 giugno una nube di fumo si è alzata dall’area ex Enichem di Macchia, tra Monte e Manfredonia. L’incendio ha colpito una vasta zona, arrecando grande preoccupazione da parte dei residenti. Sono stati bruciati rifiuti speciali all’interno di un capannone, mai entrato in produzione.
Torna a incutere terrore, l’area ex Enichem di Macchia, tra Monte Sant’Angelo e Manfredonia.
Una folta coltre nube di fumo si è sollevata dopo che ignoti hanno bruciato rifiuti speciali e plastica all’interno di un capannone mai entrato in attività.
Il sindaco di Monte Sant’Angelo Pierpaolo D’Arienzo ha affermato: “attivare ogni possibile azione per garantire la sicurezza dell’area industriale, sotto il profilo ambientale e quello della vigilanza, atteso che gli ultimi avvenimenti potrebbero rappresentare anche un chiaro segnale di interessamento alla zona industriale da parte della criminalità locale e non”.
Il sindaco di Monte, solleva il dubbio che ad agire non siano stati sprovveduti, ma criminali locali ed ha scritto alla Provincia, alla Prefettura e alla Procura di Foggia, al Ministero dell’Ambiente, alla Regione Puglia, al Consorzio Asi, a Eni Rewind spa, al Comando Provinciale dei Carabinieri, al Comune di Manfredonia, all’Ispra, alla Questura di Foggia, al Noe, all’Arpa Puglia, ai Vigili del Fuoco nonché alla Guardia di Finanza.
La salute dell’ambiente e dei cittadini resta una priorità fondamentale, a cui qualcuno deve badare senza distrazioni. Il materiale bruciato è stato scaricato in loco in maniera del tutto illegale da sconosciuti.
Il quantitativo è così consistente che si pensa che siano stati utilizzati camion per trasferire la merce da accantonare. Mezzi di trasporto giganteschi, facilmente riconoscibili, ma che nessuno ha visto avvicinarsi in quelle zone.
“A detta area si accede in modo indiscriminato senza che ci sia un qualsivoglia presidio o vigilanza che consenta di monitorare gli ingressi e le uscite – commenta D’Arienzo -.
Altra situazione incresciosa che si intende segnalare è la presenza di numerosi capannoni dismessi risalenti a società ormai in liquidazione, fallimento, ecc., su cui pendono le relative procedure”.
Il fenomeno dello sciacallaggio unito a quello dell’incuria, rende la zona di Macchia, terra di nessuno. Il controllo del territorio manca, così come i sistemi di videosorveglianza, che potrebbero fungere anche da deterrente in talune occasioni.
D’Arienzo insiste: “Esempi tutt’ora presenti e verificabili sono le aree e il capannone della Sif Trade srl. , da dove è partita la situazione emergenziale del 22 giugno, l’Inside del tutto vandalizzata e venduta a pezzi,il capannone della fallita ditta Tec.In srl, una vera e propria ‘bomba ecologica’ stracolma di pneumatici e guaine bituminose e altro materiale altamente infiammabile, l’ex Bmp del cui stabilimento non resta altro che lo scheletro esterno dei capannoni”.
La situazione nella quale versa quell’area preoccupa tutti, non solo le istituzioni. L’inquinamento, tema di cui siamo tutti a conoscenza, resta uno dei punti critici dell’area di Macchia.
Gli incendi che interessano materiali altamente tossici come la plastica o i rifiuti speciali, non possono più essere tollerati. E’ inammissibile che qualcuno possa compiere tali gesti, passando inosservato. Il silenzio fragoroso delle autorità, rende tutto ancora più paradossale.
Intanto proprio D’Arienzo in questi giorni si è prodigato per attivare una task force, che coinvolga tutti gli attori, istituzionali e non, con l’obiettivo di risolvere questa condizione.
Il primo cittadino ha poi concluso: “chiedo che venga accolto dalle autorità interessate affinché si possa evitare l’insorgenza di situazioni di pericolo a danno delle persone operanti nell’area industriale e per quelle dimoranti nei centri abitati limitrofi, la cui salute e sicurezza devono rappresentare il bene primario da tutelare”.