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Depressione: perché giunge quella profonda tristezza?

DiRaNews

Mag 6, 2019

Depressione: perché giunge quella profonda tristezza?

Il termine Depressione indica una sofferenza, ben più grave della comune tristezza, caratterizzata da una profonda afflizione, perdita di interesse in ciò che prima dava soddisfazione, sintomi fisici

Nella depressione la tristezza permea l’intera persona e viene manifestata anche a livello corporeo con sintomi fisiologici. La persona si sente come vuota e non più capace di gioire, ma anche di arrabbiarsi e quindi di provare qualsiasi emozione e sentimento.

Generalmente durante la depressione l’appetito diminuisce o aumenta e di conseguenza si assiste ad un dimagrimento o ad un aumento di peso, la stanchezza aumenta, i movimenti si rallentano, i gesti e le mimiche facciali si impoveriscono ed il sonno si fa instabile aumentando o diminuendo eccessivamente.

La persona smarrisce inoltre la capacità di pensare, di concentrarsi e di prendere decisioni e rimane molto tempo a rimuginare sui propri errori e su cose negative in realtà sopravvalutate ed idealizzate. Tale continuo rimuginare porta ad ulteriori sintomi psico-fisici negativi, a sensi di colpa e può trasformarsi in veri e propri deliri di pensiero.

La presenza di una sintomatologia così invalidante, ovviamente, compromette significativamente il funzionamento sia sociale che lavorativo.

Cosa si può fare per mandare via questa tristezza?
Paradossalmente, la cosa più importante da fare è: accogliere questa emozione, perché se è arrivata un motivo ci sarà (ricordate che le emozioni sono i “messaggeri dell’anima”). Il passo successivo è quello di capire qual è il messaggio che ci sta inviando il nostro cervello, in altre parole, quali sono i cambiamenti necessari da apportare alla nostra vita.

Ognuno di noi ha una “missione” nella vita, un talento, una propensione, ecc… che lo guida. A volte, però, ci costringiamo (per vari motivi) a non vivere la vita nel modo in cui dovremmo. Più ci discostiamo da questa missione, più il nostro cervello cerca di farci accorgere dei nostri errori attraverso sintomi quali: insoddisfazione, malessere, disagio generalizzato. Se continuiamo a non ascoltare questi avvisi che ci manda il cervello, la depressione può rivelarsi l’unica risposta a sua disposizione per spazzar via uno stato di cose non più sostenibile.

La tristezza, quindi, arriva per mettere tra parentesi chi siamo, per mandare in crisi la nostra immagine pubblica, per rompere l’idea che abbiamo di noi stessi: un’idea sbagliata che impedisce ai nostri veri talenti di esprimersi. Portandoci via dai riflettori, costringendoci a momenti di “buio”, intende spazzare via tutte le nostre certezze, creando uno spazio interno di vuoto. Solo in questo vuoto, infatti, la nostra vera originalità potrà rinascere e potremo vivere “la vita che fa per noi”.

Se incontrate difficoltà nel capire il messaggio che la depressione vuole darvi, non vi vergognate di chiedere aiuto ad uno Specialista. La depressione non è visibile come una gamba rotta, ma è altrettanto concreta e dolorosa.

Un recente studio attesta che la Psicoterapia cognitivo-comportamentale , risulta essere efficace come i farmaci antidepressivi nel trattamento della depressione.

Lo studio, pubblicato nell’edizione di aprile della rivista Archives of General Psychiatry, ha analizzato 240 persone che soffrivano di vari gradi di depressione. Un gruppo di 60 persone è stato sottoposto a psicoterapia cognitiva, a un gruppo di 120 persone sono stati somministrati medicinali antidepressivi e un terzo gruppo ha ricevuto una pillola placebo.

Secondo i ricercatori dell’università della Pennsylvania, i pazienti della terapia cognitiva partecipavano a due sessioni alla settimana della durata di 50 minuti per le prime quattro settimane dello studio. La frequenza si riduceva col tempo arrivando a una sessione a settimana nell’ultimo mese dello studio.

Dopo otto settimane di terapia i livelli di risposta (response rates) erano del 50% nel gruppo dei farmaci, 43% nella terapia cognitiva e 25% nel gruppo del placebo. Dopo 16 settimane di terapia, la risposta sia del gruppo dei medicinali che di quello della terapia arrivava al 58%. I “livelli di remissione” erano del 46% per i pazienti a cui venivano somministrati medicinali e del 40% per i pazienti del gruppo di “terapia cognitiva”.

Gli autori dello studio sostengono, quindi, che la Psicoterapia cognitivo-comportamentale risulta essere efficace come i medicinali.

dott. Salvatore Panza

P.S.: Se avete dei quesiti da porre a Salvatore Panza, scrivete nell’area commenti o, se preferite una comunicazione privata, inoltrateli direttamente alla casella di posta del Dottore: salvatore_panza@virgilio.it. Per altre informazioni visitate il sito: www.salvatorepanza.it

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