Arrestato Giuseppe Rizzi, noto oncologo pugliese
Le accuse contro di lui: “concussione aggravata e continuata” con la partecipazione della propria donna, l’avvocato Maria Antonietta Sancipriani, indagata insieme al dottore nello stesso processo penale. Il medico infatti, abusando del suo potere di Pubblico Ufficiale, obbligava il paziente al quale aveva eseguito il trattamento a versargli una cospicua somma, nonostante le cure fossero coperte dal servizio sanitario nazionale.
Una di quelle storie su cui vale la pena riflettere.
L’oncologo, la persona di fiducia per molti pazienti affetti da tumori incurabili, che diventa improvvisamente un incubo, una grave preoccupazione.
L’uomo che riflette benissimo questa preoccupazione si chiama Giuseppe Rizzi, oncologo bitontino in servizio fino ad un anno fa all’Istituto Tumori ‘Giovanni Paolo II’ di Bari.
Le vicende risalgono al periodo che intercorre tra dicembre 2018 e dicembre 2019.
Il dottore, allora dirigente medico al dipartimento di oncologia dell’Istituto Tumori ‘Giovanni Paolo II’, attivo sia nel pubblico che nel privato, si rese protagonista di una vicenda assolutamente spiacevole.
Eseguì ad un paziente affetto da patologia grave, un trattamento che prevedeva l’iniezione di un farmaco totalmente coperto dal servizio sanitario nazionale, obbligandolo a versargli una cospicua somma di denaro.
Il paziente sarebbe stato costretto a elargire utilità destinate sia al Caf di Bari, in uso alla compagna e che a volte diventava un ambulatorio medico illegale, sia all’Istituto Tumori nel quale Rizzi operava.
L’uomo, in uno stato di subordinazione e assoggettamento, donò 130 mila euro alla coppia, nonché regali di enorme valore, lavori edili e altre utilità.
Oltre alla misura cautelare i carabinieri hanno emesso un decreto di sequestro preventivo per il valore di 136 mila euro.
Nella sua abitazione sono stati rinvenuti reperti archeologici per i quali è stato richiesto anche il supporto del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Artistico nonché denaro contante per oltre 1,9 milioni di euro riposto in buste e scatole di scarpe.
Gli inquirenti hanno accertato che la coppia avrebbe avuto numerosi vantaggi dal paziente raggirato, ottenendo tornaconti patrimoniali ed economici.
Rizzi nello specifico avrebbe dato “false speranze di sopravvivenza” mentre l’uomo “pur di restare in vita, continuava a soddisfare le ingenti e costanti richieste di denaro del professionista, dilapidando a sua volta il proprio patrimonio tanto da dover ricorrere agli aiuti economici di amici e parenti”.
Un’altra testimonianza arriva dal figlio di un dipendente della banca di Foggia, morto per un tumore nel 2020.
Le fotografie ritraggono il medico mentre inocula 2 fiale, risultate poi inutilizzate, al paziente.
La somministrazione di ogni fiala aveva un costo di 900 euro, a cui si aggiungeva in molti casi il pagamento della prestazione al medico stesso.
Il figlio del bancario afferma che il dottore “illustrò la terapia da seguire, raccontò anche le vicende di altri suoi pazienti e ribadì che non avremmo dovuto parlare con nessuno sia delle somministrazioni farmacologiche sia delle dazioni di denaro in suo favore, altrimenti avrebbe bloccato tutto.
Fu proprio questa grave affermazione ad intimorire mio padre e me tanto è che da quel momento in poi ci saremmo sentiti soggiogati dal dottor Rizzi non chiedendogli più fatture o ricevute di alcun genere e senza mai contestare il suo operato”.
Il consiglio di Rizzi dunque sarebbe stato quello di tacere, altrimenti avrebbe mandato tutto a monte. I pazienti, spaventati e aggrappati a una fioca speranza di rimanere in vita, avrebbero donato tutto il necessario, arrivando a toccare il fondo.
Episodi indecorosi, avvenimenti che arrivano dritti al cuore, soprattutto se a commetterli è la nostra ultima speranza, un medico.