A lavoro senz’acqua, 7 imprenditori in manette a Foggia
Sono 7 gli arresti effettuati ieri mattina dai militari del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di San Severo e da quelli del Nucleo Ispettorato di Foggia nei confronti di alcuni imprenditori della zona. L’operazione ha portato alla luce un sistema volto allo sfruttamento dei braccianti africani che operavano in condizioni miserabili.
L’operazione, chiamata “Schermo” è il frutto di mesi di indagini. Iniziata a marzo 2020, ha portato alla ribalta un fenomeno che attanaglia da sempre la provincia di Foggia, quello dello sfruttamento dei braccianti agricoli, in questo caso africani provenienti da Borgo Mezzanone e dal Ghetto di Rignano.
I braccianti venivano assunti da una ‘Cooperativa Schermo’ locale, una società con un amministratore irreale, introvabile dal 2011, che dava un alone di legalità ai rapporti di lavoro successivamente trasferiti ‘a titolo oneroso’ in altre aziende.
Un ruolo di agenzia interinale pur senza aver le competenze per adempiere a quel ruolo, che raggirava i controlli stipulando contratti di compravendita di prodotti agricoli e fatturazioni per operazioni inventate.
La ‘Cooperativa Schermo’ assegnava ‘a titolo oneroso’ un pacco di pomodori in cambio di sfruttamento e precarietà. In questo modo gli imprenditori raggiravano la legge sul collocamento, dimezzando i costi e incrementando i profitti sulle spalle dei braccianti, costretti a fare turni estenuanti.
Selezionati attraverso un cittadino senegalese residente nella baraccopoli di Borgo Mezzanone, si ritrovavano spesso a svolgere il loro lavoro in condizioni pessime dal punto di vista igienico-sanitario nonché senza acqua e cibo.
Le meticolose indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Foggia e svolte dai carabinieri di San Severo e dall’Ispettorato di Foggia sono partite dalla denuncia di due cittadini della Guinea Bissau.
I due africani, nello specifico, affermarono di lavorare in condizioni ridicole, prive di ogni sicurezza, patendo sofferenze atroci raccontando che un certo Nicola, era solito sfruttare i braccianti per la raccolta dei pomodori.
Grazie alla testimonianza dei due africani, i carabinieri sono venuti a conoscenza di un sistema che sembrava a tutti gli effetti legale ma che in realtà aveva come unico fine quello di schivare i controlli.
Pedinamenti, filmati, intercettazioni telefoniche ed escussioni (procedura che sottrae i beni del debitore per venderli e soddisfare i creditore) sono stati utili ai carabinieri per svelare il sistema, comprendere la dinamica e il coinvolgimento degli indagati, tutti consapevoli di ciò che avveniva.
I braccianti venivano portati via da Borgo Mezzanone o dal Ghetto di Rignano nelle campagne di Stornara, Borgo Incoronata, San Severo, Ordona, Manfredonia e Campomarino dove lavoravano senza sosta, senza protezioni, in condizioni pessime e sotto l’occhio attento e vigile dei caporali.
L’inchiesta ha fatto emergere una situazione disastrosa nella quale versavano numerosi cittadini africani, un fenomeno che da anni affligge la provincia di Foggia, il capolarato. Una piaga, una ferita si espande, fino a diventare endemica.
Paghe ridicole, sfruttamento, lavoro nero, violazione dei diritti di ferie e riposi nonché mancanza di protezione. I soggetti sfruttati non ricevevano visite mediche, cibo o acqua mentre minacce e vessazioni erano all’ordine del giorno.